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mercoledì 21 febbraio 2018

Elegia di Preludio alla nuova Primavera

Che giorno è di Primavera! Il meriggio
mi vièn baciato di splendente Sole,
e sulle ripe un primo pìccol fiore
nàscer contemplo.
L'onde cèrule e belle delle nùvole
di grazia còprono i campi e le paglie
've l'aratòr princìpia a solcàr fanghi,
e terre e pozze;
e l'occhio mio si posa sopra i ceppi
che il legnaiuòl ha lasciati alla terra
del sventurato bosco, e pioggerella
della rugiada,
e guarda e ammira l'orizzonte in chiare
vesti avvolto, ove i primi stormi vòlano
delle ròndini, e i pètali che nàscono
tra veglia e sonno.
Così passeggio per la mia campagna
che presso il borgo un po' odo che cinguetta
a festa, onde m'assale gioia, e diletti
sensi, e piacèr,
che il Sentimento avìto atteso evòca
al brillàr svelto dell'Arbogna in piena,
su quelle ripe ove la gonna piega
forse un'Ondina,
o a febbràio che tèrmina leggero
in questo sì apparente vinto inverno
che per ora dimèntica i suoi gerghi
di nebbie e ghiaccio,
o alle lontane montagne innevate
da' cui vàlichi giunge una prodezza
di guerra tra i ghiacciài e il Sole il cui vezzo
m'è di Sublime.
E sulle effigi delle vecchie pievi,
che a' crocìcchi sen stanno a membràr Fede,
la Primavera avverto agli occhi e a' piedi
della Madonna.
Ma v'è in agguato il gelo di Siberia,
un sì lontàn deserto insanguinato...
le gioie e i dolori d'una Patria esausta
che stenta e muòr!



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Mercoledì XXI del Mese di Febbraio dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

lunedì 12 febbraio 2018

The Last Rose of Summer - Il Canto di Tannhäuser

Assaporerò io forse i vostri acciari,
e il Sole a mezzogiorno li vorrà
alluminare tinti del mio sangue;
e la vergogna e il disonore apprenderò
nel peregrinàr mio. Questo è il Destino!
Forse voi mi chiamate cavaliere
perché io possa sfidàr le vostre leggi?
Sono forse un Titano baldanzoso?....
Voi non sapete sì fitto mistero
che in fosche grotte mio cuòr ansio attende
tra i Sogni delle Idee e gli incubi eterni;
né mai avete veduta Freya, la Dea.
Non è vero?....
Vorrete bèrmi ogni stilla del sangue
che voi chiamate immondo e menzognero,
che d'insulti coprite... voi, e i pugnali!
E mi trafiggerete così irati
perché ne' lor torrenti ho abbandonate
le follie e le chimere, Freya e le Ondine,
e l'Ideale rabbioso e dolente
per Amòr di sì mortàl fiorellino.
Dite! mi trafiggerete, oh superbi?
Non è vero?....
Ogni lama sarà contro il mio petto,
mi segnerà una croce sulla pelle,
e tòrmi l'Anima ardirà cotanto
per il lamento di me, un Trovatore,
che, non volendo, vi disfìda, oh bruti,
dove l'incauto ardòr che serbo dentro
furiosamente udito avrete! è il Fato!....
Io piango!... piango perché non capite
l'arpa mia che s'è sciolta tintinnando
come pioggia d'argento per la giòvine
rosa perduta dell'Estate mia,
o il mio silenzio d'eccesso funesto.
Dìtemi! non ho declamato niente?
Non è vero?....
Se mai potessi vòlgere alla rosa
un cenno, un bel saluto, il mièl di un'ode,
dìrle: Fèrmati, oh fiore!... e lì beàrmi
sol d'un suo sguardo, un'altra volta,
vedèrle i pètali in oro gemmati,
e contemplare il casto labbro suo!
o cantàrle una stanza trobadòrica
da' i cortìl del castello, nella Notte,
sotto il verone suo, al buio, prottetto, incògnito
cantore e cavaliere, e ardito e prode!
Ma vedrò i vostri acciari; e fia il silenzio.
Non è vero?....
Eppùr dirò che questa rosa eterna
più di Freya splende e più del Sogno e d'ìncubo;
e con le spade vostre a me dirette e aguzze
piangerò ancora per la lontananza
che da codesto fiore Iddio m'impone,
onde il mistero resterà con me,
a tradimento trafitto e discolpato.
Ma com'è mesta mia Vita al stèl lontano!
Come nervoso si fa il mio silenzio!....
Mi perdonerete, oh voi, oh cavalieri?
Non è vero?

Jacques Clément Wagrez, Illustrazione di Tannhäuser nella Grotta di Venere, Tardo-Romanticismo francese, Seconda Metà del Secolo XIX


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Lunedì XII del Mese di Febbraio dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

martedì 6 febbraio 2018

The Last Rose of Summer - Al Silenzio della Notte

Tanto pregai; ma questa Notte è muta.
Oh vespro estinto, speme o Sogno, e cuore!
Perché i desìri miei tacesti ancora?...
fu forse eccesso chièderti portàrli
al giovinetto stame di quell'ùltima
rosa? e dovevi tu strùggermi, e urlàrmi,
e ferìrmi!.... Il silenzio oscuro impèra;
e tu, per sempre, e ancora, andrai a tacèr.
Tanto pregai; ma questa Notte è muta.
Era serrato, forse, il varco ambìto
che nel suo sonno ardisce il regno onìrico
cògliere? O insonne 'la giacea nel vento
in bufera? O fu, forse, ahi! svelta l'alba?....
E tu, per sempre, e ancora, andrai a tacèr.
Tanto pregai; ma questa Notte è muta.
Forse che l'arpa tìmida non serve,
a te mi confidài. E fu follia... è vano!
Allòr tuo messaggero, Ermète, oh Notte,
non ha lasciate l'orme sue in sul ghiaccio
del cèspite bramato; e la mia lèttera
composta a' sangue e a' inchiostro de' i miei Sogni
la mèta or non raggiunse, e inulta spira...
'la forse tintinnando per la neve,
la sento, intendo... la scruto... la pingo:
come una slitta il cui Fato è d'oblìo...
donde codesta rosa gelerà
senza conòscere il fiòr d'un mio bacio.
E tu, per sempre, e ancora, andrai a tacèr.



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Martedì VI del Mese di Febbraio dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

lunedì 29 gennaio 2018

Un Notturno alla Luna

Nel piòver della sera il volto tuo, o Luna,
che pur in nebbia argentea splendi,
e ne' tuoi nùvoli i quai ambrati splèndon e foschi
è forse ch'io 'l dimèntico. E ombre
tempestose a me or si affàcciano, e buie ansie,
e truci cure, e tormenti atroci,
e feroce dolòr, e crudèl doglia,
il che mio cuòr sì poco ne sopporta;
onde m'afferra la Notte co' il suo sguardo, e il periglioso stràl
di tante tènebre,
mentre l'ùltimo lume del dì or muòr.
Così sedendo penso!
Forse tu, oh Luna, più non vuoi baciàr
co' il lume tuo le vie che qui percorro;
può èssere? Dimmi! O forse in noia t'è ordita
la mia errabonda compagnia morbosa
che di odi e inni compiàcesi, ma invano?
Oppùr fia Sorte tua oggi non risplèndere
su questa terra.... O forse son io un folle?....
Così pensando trascorre la sera;
e viene l'ora dei Sogni rabbiosi.



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Lunedì XXIX del Mese di Gennaio dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

giovedì 25 gennaio 2018

Un Addio del Sahara

Lo sguardo effìmero
d'un fiore, l'ùltimo
che la tempesta
ivi ha nutrito
del deserto, àgile
alla funesta
ombra contrito
del Sole d'Africa
or si rivolge.
Scruta tra' i tròpici
dell'orizzonte,
ascolta il mùrmure
del folle Oceano
da cui un dì vènnero
i suoi oppressori.
Suda la fronte
nera, e i sudori
scèndon tra làgrime
che tanto càntano
più mesto addio
alla sua terra,
alle sue belve,
un cupo càntico
silente e tàcito
che va per l'ètere
che brucia impàvido
per l'atmosfera.
Sente ei la guerra
che tra le selve
sìbila e tuona,
con le catene.
Tarda la sera.
Non è che un giòvine
imberbe pàrgolo
illuso e misero
che non del tàlamo,
non delle prònube
odi ha l'età;
ma adolescente -
appena... appena -
ancora vive
il blando àttimo
di vecchie fole,
di Sogni e d'ìncubi,
dinnanzi a sé
ha Vita intera.
Pur triste va
via da sua gente
che curva ischiena
alle corrive
miserie oscene,
dove la prole
di fame muòr.
Scruta ne' i pàlpiti
bei d'una ròndine,
il cuòr le intèrroga,
con lei desìdera
a Primavera
fuggìr dall'Africa,
sogna l'Europa,
colà imparare
un buon mestiere,
fare fortuna,
e a sé chiamare
i familiari.
Sogna sposàrsi
con falba Luna,
o stella nera,
avere figli.
Crede che Uomini
siano fratelli,
che avràn pietà
della sua infanzia.
E nel frattempo
saluta in frèmiti,
fa scènder làgrime,
la madre mìsera
con le sorelle,
e tra altri mìseri
parte all'incògnito
viaggio, e ne dùbita,
poi un poco càlmasi,
e va a speràr.
Addio, nostàlgiche
steli degli Avi,
che di remota
gloria qual Sole
e qual suoi specchi
brillate all'èremo,
confuse a volte
con le sue dune!
Addio, sì vecchi
villaggi e paglie
che all'ombre d'àlberi
eterni avete
nel vostro cuore
e bimbi e spose,
e saggi e padri!
Addio, città,
infami covi
ma sì possenti
dell'oppressore,
donde fu un dì
che schiatte uscìvano
di schiavi d'Arabi
e di sì pàllide
follie d'Europa!
Addio, oh leoni,
che in voi serrate
fatti famèlici
gli antichi Spiriti
d'Avi ancestrali,
e che attendete
pazienti e truci
le vostre vìttime!
Addio, oh voi! serpi
il cui terribile 
morso difèndesi
a' folli che vàrcano
le calde selve!....
E il giovinotto
così cantava,
muto... tacente,
e ripensava
il sen materno,
il dolce affetto
fàttosi eterno
dentro il suo petto;
e poi sognava,
e ripeteva:
- Avràn pietà! -.
Dopo sei lune
egli giaceva
supino, morto
sopra la sabbia
di lido sìculo.
Era annegato,
nei Sogni assorto
esalò l'ultimo
respiro ansioso
in un baleno.
E molti dìssero: -
Era un furioso! -
altri lagnàrono
- Bene! Uno in meno! -.



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Giovedì XXV del Mese di Gennaio dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

mercoledì 3 gennaio 2018

Canto inquieto d'un Bardo irlandese alle Sponde dell'Atlantico

Ascolta, Ocèano, il gridàr di mia arpa;
e ruggi con le tue onde giovinette
come responso nell'eco al mio canto!...
e di leggiadra quiete il labbro, ahi! riempi
d'un cuor che a te si affanna e a' scogli tuoi;
e digli: - Canta!.... Canta ancora, oh Bardo! -
nel terreo cièl della tua immensità!....
Oh prode prole di Ossian, e di prue
selvagge date all'ignoto orizzonte,
oltre quelle che dòminano vette
tempestose e possenti in cui (io) ne ammanto
sovente i Sogni poetici e i tempi
dei più brevi àttimi irredenti, e i buoi
lagnàr ascolto dai campi, e il beffardo
chiasso del lòr muggìto che sen va;
tu, oh màr sì fosco e tenue, che alle tue
vìscere accogli i legni che per onte
di tua Tempesta naufragàr dovèttero,
vasta distesa di acque immacolate
negli ìncubi di abissi tormentati
e nel sognàr de' i Tritòni festosi...
tu, veglia cui mi astrìngi nella Notte
perché io possa fàr còmputo dei colpi
che per Natura a' i lidi dài, e a' confini
terrestri di mio molo solitario,
dove (io) mi pasco di tua vastità;
ascolta! I versi miei alfìn ne cedèttero,
e l'ansie emèrgono, ombre funestate
dai sacri patti dei pàvidi Fati;
e allòr, così piangenti e lamentosi,
di Fìngall d'urli colpendo le grotte,
odi! a te làgnano Inni che, avvolti
nell'infinito étere, i meschini
non detti desìi che nel mio sudario
segretamente ispìran, tua beltà!....
Oh Ocèano! Suggerisci a me forse
d'annegare nel tuo letto di gioie
abissali e segrete, mentre in cielo
l'alba tua Luna risplende, e poi specchia
in te il fàscino suo, sì che tutt'uno
voi diventate tra tènebre e lumi,
dond'io invano qui cerco con voi fòndermi
per rapìr anche un sol de'i casti baci
d'una o dell'altro, e avèr la quiete
ambita della vostra libertà!
Oh Ocèano! Dassenno un dì mi mòrsero
in cuòr le tue gaie e sibilanti fole
che qui mi raccontava il tuo bel velo...
velo di Dea gemmata in tanta e vecchia
e inassopita fiamma! e là, nessuno
a disciòglier m'aitò codeste funi
sicché in te ancòr vorrei gettàrmi e pèrdermi
ne' arrendèvoli Sogni sì fugaci
che nàcquero da tanto pe' aspra sete
d'un Amòr che non può sentìr pietà!....
E mi rimane in questa mia ansia Vita
il ricordo soltanto del tuo fùlmine
che d'ìmpeto mi colpì il freddo cuor!

Kaspar Friedrich, Le Bianche Scogliere di Rugen, Romanticismo tedesco, Prima Metà del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Martedì II del Mese di Gennaio dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

lunedì 1 gennaio 2018

Il Trovatore

Avete, forse, pianto udendo i canti
del Trovatore per le vie di neve?....
Singhiozzaste? Al verone urlando i carmi
lo avete udito?
Schiudeste i pètali alle ombre del mare
che il liuto suo ne andava a evocàr mesto?....
Lo inebrïaste del vostro olezzàr
di rampicanti rose sul castello?....
Taceste, o sospiraste al suo lamento?
Lo avete udito?
Soffriste in cuore, o presto sorrideste
al trillàr della nenia di bufera?....
Volgeste i càndidi occhi della Luna?....
Chi mai fu più crudele: voi o io, dite?
Lo avete udito?
Vi portò Iddio i suoi sensi com'ei volle,
o ancora voi ignorate il suo tormento?....
Avete poi inseguita la scia sua
di neve sul sentiero burrascoso
perduta nell'infinito del ghiaccio?....
Lo avete udito?
Denigraste i suoi versi nella Notte
chiamandoli peccato abominèvole
nella secreta Furia che destava?....
Irrideste cotanto etesio fuoco
di sì irredenti pàlpiti e dolore?....
O forse non li sentiste nel vostro
giaciglio della torre prepotente
svettante al cielo della vostra Luna?....
Lo avete udito?
Sapeste che un Trovatore decise
reprìmere il suo cuore e silenziare,
l'arme sguainando contro i Sogni immani,
per voi tacèr, e soffrire per voi?....
Lo avete udito?....
Parlate voi!




Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Lunedì I Gennaio dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVIII.