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sabato 28 marzo 2020

Requiem di Primavera


Per una volta ho sognato di essere
il vento… il primo della Primavera
scialba. Ma mi son stancato del volo
dei Sogni erranti:

i fiori - lo so - sprecano la lor germinanza sui prati;
la realtà vede un oceano di tombe. Son rimaste
senza petali e croci.

Gustave Coubert, Funerale a Ornans, Romanticismo e Realismo in Francia, 1849-1850

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Sabato XXVIII Marzo AD MMXX.

giovedì 26 marzo 2020

Lucet Sepulcrum torvum pulchrae Rosae


Oggi ho letto sui nati primi fiori:

«Lucet sepulcrum torvum pulchrae rosae
circum».

Ahi che tristezza leggere su’ il tuo volto,
oh Primavera, queste fiamme funebri
e meste, quando il cielo impallidendo
porta l’Inverno in Vita,
alla Morte i figliuoli della terra!

Caspar David Friedrich, Un Paesaggio prima della Tempesta, Romanticismo tedesco, Prima Metà del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Giovedì XXVI Marzo AD MMXX.

Funebre è il Guardo dei piccoli Rami


Funebre è il guardo dei piccoli rami
rinati, dove le supplici viole -
mormorando - le vecchie querce e i vecchi
pioppi a stento recidono.

Oh crudeli germogli! Oh urlanti sciami!....
Dunque siete voi che così il bel Sole
che vi saluta mi odiate. Ma i secchi
ossami delle foglie vi deridono,

o bruti, ancora. Vi sussurrano “Era
più dolce e caro il lungo nostro inverno,
lucevano di più le nostre negre

nebbie”. Così, quand’è la vostra sera,
io vedo un vasto cimitero eterno,
di tombe assenti i fior…. Le Anime allegre?

Caspar David Friedrich, Un Viandante davanti a una Tomba antica, Romanticismo tedesco, Prima Metà del Secolo XIX

 
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Giovedì XXVI Marzo AD MMXX.

domenica 23 settembre 2018

Idillio funebre e patetico d'Esequie all'Estate e d'Addio alla Gioia

Addio, giorno d'Estate estremo, che ombre
fuggèvoli e confuse, ombre stridenti
e spettri di soleggiate scogliere
dal màr riporti, e da' monti i lamenti
nell'eco mia indisposta e sovrumana
dei ruscelletti su cui ebbi ristoro
con le rùvide pietre e con i boschi
dal baldo Sole iniquo!
Addio, dorati campi, là percorsi
a cercàr uno sguardo di mia Gioia, 
ad attèndere forse un non costretto
appuntamento di segrete cure...
addio, campi, romìti e solitari,
e ora mietuti, sotto i miei occhi tìmidi...
ora calpesti da insani stivali, e
minacciati da falci... e fuoco e fango,
sotto il pallente Sole!
Addio, mùrmure estivo di te, Arbogna,
cui sempre ti si affacciava la Luna
nell'àttimo dov'io condividevo
a' le vie e a' tigli que' miei trobadòrici
Sogni di gaia e notturna e attesa aurora,
Sogni frementi e ripetuti e gai
a questa brama di volèr un guardo
di gaudio Sole...
di sì perduto Sole!
Addio, voi, cui nel vespro ripetevo
un giuramento arcano "Verrò!", mentre
nel vostro cuore gemente tacevo;
e cui ora imploro: "Riportàtemi, ombre,
la Gioia da cui tremendo immane Ocèano
mi separa!". Addio, oh Sole!
Addio, acerbi vigneti d'in su' i calli
maturandi d'un'Ebe ancora spoglia,
oh vergognosa, timidìssima Ebe!
che da' il carro solare vesti chiede
a Giove per ricovrìr le vergogne
e il ventre e i seni; a me contesa questa
diva coppiera dal labbro ridente
pe' i più divi convivi ove conteso
m'è Bacco, il giocoliere degli Dei,
dal Destino e dal Sole!
Addio, gustoso timo, un dì bevuto
da' labbra mie per le balze di valli,
al servizièvole àëre del Toce...
all'agèvole grido de' i torrenti...
all'incanto di vette tempestose,
addio! timo addolcito da bei fiòr...
tu, che invitante fosti al sonno e al rènder
de' i Sogni, e che là, io raccolsi, le vìpere
disfidando e il bel Sole!
Addio, tu, che so... che fingo tu legga,
che fingi su me affìggere il tuo sguardo,
Gioia... Gioia di Vita, a scàpito nascosta
della mia quèstua profana e tacente
di sacro chiasso e di baccanti grida
indarne... tu, che vagolando a' sera
mi scorgi, e che nel frattempo altri mari
varchi lontani... tu, perennemente
divisa da me per volèr del Fato,
addio! Addio, Gioia, femminile compagna
di sognatori e di viandanti e d'èremi
composti dalle sabbie degli illusi,
fèmmina desiderata dal cuore...
addio, mia Gioia! Addio, oh Sole!


Arthur Hughes ,La Belle Dame sans merci, Tardo-Romanticismo e Simbolismo inglese, 1863


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Sabato XXII del Mese di Settembre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

lunedì 30 ottobre 2017

Il Cigno, ovvero Una Messa di Requiem in Poesia

I. Preludio - Ave Verum Corpus

Per sette volte ei fu, il Cigno; cantava
su' una riva del lago, ed era Notte,
si rivolgeva a' i fiori,
e l'Autunno era vicino... era svelto.
Ma di che mai ei cantava?
La foresta d'intorno lo sa, e dice:
- Lo udii cantàr d'Amore -.
Ma, alfine, ei tacque... inerme, e spirò. Muore.
E il Cigno ha come funebre alveo l'onda,
e il lume della Luna lo sorregge,
lo raggiungono tre petali di rosa:
or l'ala sanguina acqua, e il cuor dolore.
Oh dolce Cigno,
immèrgiti nell'eterno sepolcro
che il lago ti sta aprendo!
I tuoi fiori non t'ascoltano più;
muori per loro.

II. Requiem Aeternam

E voi... voi, fiorellìn della foresta,
al par di lui
dall'Autunno recisi, orsù! Dormite!
con i petali candidi che volano
nell'abbraccio del vento...
con i grembi sepolti
in tanto buio.
Ricercate almèn nel vostro riposo
un quieto Sogno all'eterno dormìr...
voi... voi, figli d'un Fato inesorabile
che non sente pietà!

III. Dies Irae

Ma questa Quiete è beffarda, è menzogna,
fiori! dormite ma vièn la Tempesta.
Qui s'alza il vento, borioso s'infuria,
agita l'onde del lago, le rive...
folgori e tuoni, son gli ultimi, spera!
Le foglie càdon giù.
Urlano i monti la nenia dei corvi,
sono affamati di Morte, di vermi;
sèminan strazio pe' tristi sentieri....
La Vita non v'è più.
Il cielo inghiotte la Luna che splende.
E tu... tu, valle, singhiozzi e ti frani;
il lago evapora ahi gli aliti arcani.
L'antica Quiete or fu.
Così dicèvan le rune, le pietre:
giumge l'incanto d'estremo Tramonto....
Oh fior, tremate! Più nulla qui v'è.

IV. Tuba Mirum

Ma un canto or si erge.
Un cacciatore dà fiato al suo corno;
e questi suoni suoi, oh come catturano
le vostre Anime, oh fiori!
Siete di nuovo in Vita?....

V. Liber scriptus continetur

Sì, siete ancora in Vita;
anche se intorno la Natura culla
una valle, un lago dispersi nel Nulla.
Così avvièn che una vecchia quercia prende
con le sue fronde i segni degli artigli
de' i picchi; essi hanno incisi i vostri nomi,
o fior, la Vita vostra....
Tremate: è giunta l'ora
di quel che v'è oltre la Morte e il respiro!....

VI. Quid sum Miser

E voi, oh fiori, che avete
visto morìr il Cigno che vi amava...
voi... che lo avete lasciato spiràr,
oh voi, ciechi d'Amore,
cosa direte
a questo vento che vi prende l'Anime?

VII. Rex Tremendae Majestatis 

Fu così immane il tuo canto, oh mio Cigno,
che ora comprendo quale fu il tuo Amore....
E or mi circonda,
m'opprime.... Temo.
Salva tu questo fiore!

VIII. Recordare

Dicono i fiori,
sùpplicano i meschini:
- Oh tu, Cigno, ricòrdati che al lago
d'Amor cantavi a noi!
Tante pene soffristi; eppur cantavi;
sette canti spendesti
pria di morìr.
Ricòrdati che dunque tanto amavi
i nostri petali ombrosi e silenti,
che col tuo canto ci volesti un dì
fare parlàr.
Ma sul tuo labbro un giorno non vi fu
più il tuo respìr -.

IX. Ingemisco tamquam reus

Il tuo canto si chiuse all'ululato
del lupo oscuro?
Tacque forse pe' i ghiacci delle valli
rimaste senza Luna
e senza Sole?
Tacesti per la cerva colta adultera
dall'ombre della sera?
Smettesti di cantare per i corvi
rapinatori d'occhi?....
E ora i fiori recisi si gorghèggiano
trascinati dal vento
sull'alme onde del lago.
Sono colpevoli!
Stillano lagrime!....

X. Confutatis Maledictis

E il Cigno 'l prenderà:
- Venite a me! Voi rose rosse-fuoco,
anche se vi struggeste per sì tanta
e gran passione;
voi, viole, melanconiche e serene,
pur se la Notte
v'ha un po' segnate con violacee tenebre;
margheritine candide e innocenti
che vi piegaste allo zampettàr empio
dei predatori;
voi, ciclamini, anche se silenziosi
vi macchiaste del sangue delle vittime;
venite a me, voi tutti,
fiori miei variopinti che - pur stando
in lagnanze per questo -
il vostro nettare un dì daste all'api.
Ma voi... fior incolori,
cosa volete?
Andàtevene! Annegate nel lago,
per voi non sento Amor! -.

XI. Lacrymosa Dies illa

Allora sarà un dì di pianto e strazio
per la foresta e per i fiori suoi:
alcuni poseranno là, oltre il vento...
altri non avràn che la nuda terra.
Sì, è tardi il piangere!

XII. Offertorium

Ma non vi ricordate?....
Una volta una voce disse ai fiori:
- Sarete eterni! E questa è una promessa! -.
Offrite, oh fiori, le vostre preghiere,
schiudete i vostri profumi fulgenti;
quel giorno è dunque giunto.

XIII. Hostias

Come un pezzo di pane che è scagliato
nel lago, qual ristoro d'altri cigni,
fiori! ora lo vedete?
Galleggia inerme, e rigido, e appassito,
e dai fondali i pesci svelti s'alzano
quasi a provàr mangiarlo, ma è pur vano.
E voi!... voi or lo volete assaporàr,
voi che avete compreso
questo suo folle Amor;
come fu la promessa
di quella voce.

XIV. Sanctus

Non è ancora sì tanto tardi, oh fiori,
il Cigno a santificàr!

XV. Agnus Dei

Cigno, che al lago cantasti d'Amore,
cantòr sublime di dolci romanze,
tu... che pur conoscendolo ignorasti
il leggendario mònito a' tua stirpe:
- Cigno che canta, al finìr, si tramonta -
abbi pietà,
e in tuo sepolcro accogli
il riposo supremo dei tuoi fiori!

XVI. Lux Aeterna

Fia Notte; ma la Tempesta si placa,
il freddo vento si riscalda, e càlmasi,
e la montagna non frana più, è salda.
I petali variopinti dei fiori
al Cigno s'avvicinano sereni,
e nella Notte confòndonsi un po'.
I nembi lìberano allòr la Luna;
ed ella col suo lume
quell'alveo funebre allùmina tosto.
Preludio all'alba,
la tomba è vuota.
Ha vinto Amor!

XVII. Infelicitas

- Ha vinto Amore? -
il fiorellìn viandante allòr si chiede
mentre oltrepassa la foresta e va
alle rive del lago.
Da lontàn ei ne vièn a contemplàr
il cigno morto; ma più non lo scorge.
Dov'è? Fu Sogno?
L'Amor è dunque una chimera assente
che più si cerca, più non si ritrova?
è davvèr così lontano il suo cielo?
è impossibile stringersi al suo eterno
infinito sorriso?....
E intorno restano i dubbi e le doglie,
e incatenati sono i Sogni e i vespri.
Viandante, ascolta!
Non resta che codesto Desiderio,
eterna lotta a vivere e a morìr!

XVIII. Libera Me, Domine, de Morte aeterna

Oh caro Cigno,
un fiorellino qui vedi, son io!
Ho tanti Autunni ancora, e Primavere,
forse conòscer debbo ancòr l'Estate;
ma l'Inverno è d'intorno.
Ogni giorno che passa, ogni mio petalo
pèrder sua tinta rischia,
e il Tempo è inesorato.
In fin è come se ïèr son sorto,
ed è oggi che vivo, 
dimani muoio...
fossero pur mill'anni è questo il vero:
Tutto è nel battito, o Cigno, di tue ale.
Ma quando sarà il giorno
lìberami dai vortici del lago
che inabissare pur Te sì tentò,
la Morte eterna.

XIX. Benedizione finale

E dàcci un bacio... un bacio, uno soltanto,
e scenda a noi il tuo Canto,
il tuo divino Amor.
Amen

Arthur Hacker, Parsifal, Tardo-Romanticismo inglese, Seconda Metà del Secolo XIX


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XXIX del Mese di Ottobre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.

lunedì 24 agosto 2015

Epitaffio macabro d'un Visionario ai suoi Sogni

Non son che un visionario, un uom di sogni,
che odia la Vita che fugge maldestra.
Ma tu, oh tu, cuore mio, non ti vergogni?
Senti? Non sboccia l’aulente ginestra?
Grida il deserto, e sono solitario,
e nelle vene serpeggia un lamento.
Lo vuoi sapèr? Tu, oh tu, fuggèvol vento?
Ecco le lagne d’un cuor visionario!
Scruto lontano l’immenso orizzonte;
non vedi il Sole che cade da un monte?
Il crepuscolo grida, e vien la sera,
un bronzo suona una dolce preghiera.

Un dì verrà nel ciel l’eterno mare,
e saranno tramonti
in quest’onde di vetro, e io dovrò urlare
i miei racconti;
quando sarà nel roseo Sole il Fato,
sogni mendaci, e quando
mi desterò da un sonno intemerato
d’un sogno blando,
e fuggiranno i pellegrìn respiri
del visionario cuore,
e quando il vespro sarà Notte, e l’iri
cadrà in dolore,
saprò morìr consapevole e stolto
delle vanità asperse
là, quando il pianto cadeva dal volto,
le guance terse,
e il sogno muterà in un verme ai fondi
dei suoli sepolcrali,
e urlerà un tuono dai nembi iracondi
tra i maëstrali.
Un giorno giungerà la Morte, oh sogno,
e vedrò questi inganni
che pur mi sono inflitto, e mi vergogno
dei loro affanni,
e sarò un occhio maldestro e soffrente
spento dai desidèri,
e a te, nel cuore e nel fior della mente
brilleràn ceri.
Saranno vani gli istanti d’insonne
sognàr di Poësia,
i palpiti del cuor, le ambite donne,
andati via;
e quando all’alba urlerà una campana
sul vôl d’una colomba,
vedrò la Vita che s’è fatta vana
scender la tomba,
e sarà l’urlo dei miei patimenti
e del lungo mio canto
nient’altro che la nenia e i Sentimenti
del camposanto,
e rimarrà che un vivo sogno in petto,
l’ultimo sogno mio!
Da questa vanità son stato infetto;
mi resta Iddio!

Ma nei pensièr che rifletto e che grido
tuttora il sogno procede in furori.
Non avrò, dunque, un solitario nido
dove il silenzio avrò, se non dolori?
Sepolcri! Nenie! Sospiri in agguato!
Non son che un’ombra che soffre il Destino,
cui resta il sogno d’un giorno divino!
E sempre giaccio; e sono addolorato!
Perché sognàr? Perché? Dìmmelo, oh cuore!
Perché lambìr questo sogno che muore?
E in questa mente che sogna smarrita,
perché? perché non posso aver la Vita?


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Lunedì XXIV Agosto AD MMXV