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lunedì 26 febbraio 2018

Le Sìlfidi

Oh àgili Sìlfidi errabonde e belle,
siete voi forse, ànime palpitanti,
l'ombre che scorgo tra le sciolte nevi
della febbraiola aspra bufera?....
Snelle danzate, oh silvane fanciulle,
scolpite in mezzo al vento, e sopra i muschi;
ma non traveggo? mi chiedo... non sogno?....
Non siete, forse, altro che freddo ghiaccio
che al Sole si traspira in dense nebbie?....
Vòrtici eterni! Perenni, veloci,
Furie indomàbili, orbati concerti
d'echi e di foglie! Che? Siete chimere?
Siete aure zingarelle della Notte
de' i miei Sogni irredenti?.... Oh belle Sìlfidi,
voi, fantasia e tormento, o d'un romàntico
ràpsodo mille Lune, dove andate?...
è il vento freddo che crudèl v'incalza
per rapirvi in sue fàuci tremende?...
è il desìo di danzàr altrove? o giunge,
alfìn, la Primavera? e voi volate
ad accòglierla, oh Dive, con le danze?....
Oppùr temete che il cuòr-Paracèlso
che in petto mi percuote, or l'alchimìa
vostra voglia scoprìr?.... Oh tracotanza
sarebbe! Immane follia dell'orgoglio!....
O ancòr, svanite perché la Ragione
beffarda mi sussurra che voi, oh care,
non esistete? Ed è eterna la guerra
tra quella folle e il mio sentìr nell'ànima,
sì perenne che adesso pur marziale
la danza vostra si fa, come se ora
a combàtter correte l'orde d'Attila.
Ma la Notte svanisce; è l'alba, intorno,
scruto soltanto il ghiaccio. Addio, oh fanciulle!
Dormite nella terra del meriggio!
e se non sorgerete, io nella sera
porterò fiori a' i vostri bei sepolcri.
Addio! Addio, belle! Addio, care! Addio, Sogno!



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Lunedì XXVI del Mese di Febbraio dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede, e di Pace AD MMXVIII.

sabato 6 giugno 2015

1815 - L'Incognito oltre la Manica

Or che mai è oltre la Manica?

Forse gridano i fulmini,
forse i terribili,
flutti del disonore,
della vergogna
tetri ti seppelliscono,
Tamigi, o pallido
rivo di van rancore,
e la zampogna

alle campagne sibila,
canzoni belliche,
i flauti del soldato
che non partiva,
alle cieche casupole
dei bimbi miseri,
le miniere del Fato,
terra corriva;

forse i pallidi valichi
di Dover, flebili
urlano a una Tempesta,
a mezzanotte,
all'ombra degli spasimi
fatali e tremuli
della Luna funesta,
piove alle grotte,

e forse si riversano
nell'onde gelide
le labbra del silenzio
cimiteriale,
dove i Demòni spargono
i tristi calici
d'inebriante assenzio,
Orco fatale.

Or che mai è oltre la Manica?

Forse i lumi s’accendono
delle vie in tenebre,
si danza per la sala
d’un londinese
Sire, e i canti si muovono
e vanno e s’àgitano,
e intanto d’una pala
è il tuòn palese:

i sepolcri si schiudono,
le fosse scavano,
si prepàran le croci,
prive di nome,
e al cielo stanno i bàratri,
l’orbe voragini,
i Destini feroci,
e chiedo come:

or che mai è oltre la Manica?

La mia donna è una vedova,
piange al mio loculo,
ha in braccio il fanciullino
ch’è appena nato,
mi geme ad un’incognita
fossa terribile,
e grida il poverino
bimbo agitato,

ed ella ha in man la lettera
che scrissi - l’ultima -
la legge a un fosco ossame
tra i tanti uccisi,
la proclama a un anonimo
sasso, sarcofago,
tra l’estivo fogliame,
di pianto intrisi

le sono gli occhi, l’iridi
si stillicidano,
e il bimbo guarda intorno,
di croci un mare,
e gli orizzonti annerano,
cupi s’infuriano,
decade il caldo giorno,
è van sperare.

Or che mai è oltre la Manica?

Forse l’ossa mie posano
al suolo gelido,
e maledico il campo
della tenzone.
Presto dovrò combattere
un Mostro orribile,
è del Demonio il lampo,
Napolëone.

Sarà una guerra inutile,
crudele e in tremiti,
e a un tiràn ve n’è un altro,
pace beffarda,
e morirò tra i giovani
nel giuoco ignobile
d’un trono immenso e scaltro,
legge bugiarda.

Or che mai è oltre la Manica?

Con la sua rossa barda,
terribilmente combattendo muore
un uom che dice addio a Vita e ad Amore!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Sabato VI Giugno AD MMXV