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giovedì 12 aprile 2018

Tre Madrigali platonici e romantici

MADRIGALE - ANSIA OSCURA E PROFONDA, ETERNA E CIECA

Ansia oscura e profonda, eterna e cieca
qual Notte d'una Luna assente, ascolta!
Disperando io ti canto; e tu se'  bieca.

Più di pioggia or mie làgrime a raccolta
chiamàr osi; e le brami, oh turpe... oh infame!
ché fredda se' qual neve appena sciolta.

Tu sempre con i Sogni al cièl di rame
che il Crepùscolo allùmina sovvieni,
e m'attendi al rinato bel fogliame

dov'io m'accorgo de' tuoi occhi crudeli.

Lontàn mi dolgo, e il Desiderio preme,
vicìn m'è nausea in fìn d'un caldo Sole.
Così morrà la mia frequente speme:
la rosa rimarrà al campo di viole.

MADRIGALE - SOGNO NON SA CHE I SOGNI MENTON TUTTI

Sogno non sa che i Sogni mènton tutti,
che pàllide ne rìdono le sere,
e che l'alba or schernisce i lòr bei frutti.

Se il cuòr a codeste larve io dò che fiere
a Vanità si pìngon sì iraconde,
allòr piànger i' dovrò a est'orbe chimere.

Affoga, intanto, il senso in burrasche e onde,
e tempestoso vaga il Sentimento
e va... e va... va alle incògnite sue sponde.

Sogno! Oh Sogno! Se' tu il mio rapimento!....

Ma ne' i Sogni rivivo la mia Vita
come il mio Desiderio attende e vuole,
con questa fiamma che invano è assopita
d'un Amòr che nel cuòr segreto duole.

MADRIGALE - TANTO GIOVIN E CASTA E BIANCA E BELLA

Tanto giòvin e casta e bianca e bella!
così risplende la rosa in su' il prato,
a me contesa dall'aura zitella.

Sogno... e vorrei che a questo fiore amato
il labbro stesse a cantàr di canzone
il lamento d'un bardo intemerato.

Mancanza e Desiderio! E tu, Platone,
così mi danni a pena eterna e truce,
ché oltre i Sogni n'è vana la passione.

E presto il Sole non farà più luce....

Anelo io forse alla sua gioventù,
e a' i pètali suoi belli e al suo bel cuore.
Perduta da principio!.... E io sento più
che gioia o desiro, soltanto dolore.

John Everett Millais, Lisabetta da Messina, Preraffaelliti



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Giovedì XII del Mese di Aprile dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

domenica 15 marzo 2015

I Madrigali d'una Notte di Primavera

Un Ululato nel Bosco

Mentre in sul vespro si discende ‘l cupo
stral della Luna in tra’i cieli perduti,
d’in su’un bosco i’ ne ascolto un tetro lupo.

Ulula un urlo d’un’upupa, i liuti
delle nubi di marzo soffian mesti,
e in tetri e tanti tremiti son muti.

E tu, mio cor che gemi, a che mai resti?....
Nuguli d’urla d’un Nulla a un dirupo,
e ulula un spettro pe’i boschi funesti.

Per questo i’ n’ascoltando qui m’incupo:
l’orba Notte sen vien; e temo ‘l lupo.

Una Luna di Primavera

Nel flebile e cullante e allegro arpeggio
dell’arpa ch’i’ ne sòno e in Notte bruna
pelle ripe de’i rivi i’ qui passeggio.

Ombra che grida in silvestre laguna
in tra’ le fronde i’ veggo un fioco ardore,
e ‘l guardo ergendo al ciel miro la Luna.

Questa si splende in tra’ le nubi, e un fiore
di margherita falba or n’assomiglia,
e cotanto mi giova al mesto core

che di lei colme or stan le fresche ciglia
col suo mare di latte. Oh maraviglia!

I Brividi nel Vento

Tetro trema e pe’i tratti ‘l vento grida
e tanto mi tormenta in trista tosse,
e ‘l tremito s’infuria e in lui s’annida.

D’in sul Nord de’i Normanni un dì si mosse,
e nel gelo del verno ancor mi culla,
soffi d’un Mostro, dell’Orco percosse.

Ne’i brividi mi giacio, e ‘l vespro al Nulla
schiude i sentieri d’un sognar che muore,
e in questo urlar non ho un Dio, una fanciulla,

né nel gelo mi scalda un fior d’Amore:
vento di Morte, e perenne dolore!

L’ultime Paglie de’i Campi

Ombre cullanti di gentile Luna
pe’i campi se ne vanno, e l’orbo fieno
s’allumina d’argento a’ Notte bruna.

Allor i’ ne contemplo ‘l mar sereno
della paglia che giace ordìta in oro,
l’onde dell’orzo mietuto; e i’ mi peno

chè in questo vespro eterno e cupo e moro
la beltà d’esti campi or si disperde
per cui de’i biondi fieni i’ m’innamoro.

Ad aprile si cresce ‘l riso verde,
e allor in fin settembre ‘l fien si perde.

Annientamento notturno

Or tant’ansie m’assalgon meste e orrende
quando la Notte de’i sogni si desta,
e inquietudine ‘l core omai n’apprende.

Spasmando i’ ne vorrei fuggir, e questa
Vita di duolo annientare nel bosco,
nella roggia che scorre e rea e funesta.

Essere Nulla i’ vorrei o un spettro fosco
che pelle felci danza al sòn del Fato,
e sùggere d’un fungo ‘l svelto tosco;

e perché i’ ne rimango un uom odiato,
e perché ‘l Mal fors’anche i’ volli amato.

Il Timore della Notte

Dio, i’ n’ho paüra; e la Notte sen viene,
la tenebra confusa che m’opprime,
e feroce mi toglie in fin la spene.

Ho paüra di queste ombrose cime,
dell’assenza degli astri, e tremo in pianto,
lagna d’un core a una nube sublime.

Dio, i’ son perduto, e di strazi i’ m’ammanto,
e un Demòne m’uccide e oscuro geme;
e tu, n’ascolterai questo mio canto?....

Dio, i’ n’ho paüra; ma se’ la mia speme.
Satana, ammira, che ‘l Nume ti preme!

Inquietudine notturna

Anima trista in tra’ le nevi i’ sono,
l’orizzonte s’annienta, e a me davante
la Notte ne pronunzia un tetro tòno.

Non ho più speni e strali, e un guardinfante,
e un Cielo, e mi trascino all’avvenire,
misero fiore d’un mesto adamante;

e vivere non voglio, e né morire,
cogliere i sogni che furon menzogna,
né vò restare, né bramo fuggire.

Mi resta ‘l disonore, e la vergogna,
la Poësia d’un’odiata zampogna.

Illusione di Primavera

Menzogna si divien la Primavera,
e ‘l guadio che ne adduce è un sogno illuso,
e per questo i’ la chiamo or menzognera.

Oh Poëta che se’ in tra’i ciel confuso,
non credere alle viole, e a’ gelsi e a’ fiori,
né al Sole che contempli al vento, in suso!....

Sono menzogne, e perenni dolori,
i fantasimi eterni in stel beffardi,
contra li qual ne vivi, co’ qual ne muori.

Chiamali tosto mendaci e bugiardi,
e sii saggio: non son che insani dardi!

Le Foglie nella Notte

Sassi in singulto sibilanti e oscuri
le foglie ne ricopron fatte in vento,
e ondeggiano alle lande in sopra i muri.

Come chiome d’opàle, al torneamento
dell’aure graziöse or stanno, e a’ peschi
cullano i fiori che crescono a’ stento.

Allor un canto s’erge a’ nembi freschi
fatto di pianto e di tremiti ansanti:
si lamenta una foglia a’ stel donneschi.

Così le foglie or sono i muti pianti
delle gemme in notturni e inqueti manti.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Venerdì XIII, Sabato XIV Marzo AD MMXV