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lunedì 1 marzo 2021

Ballata romantica - La Lettera della Rondine

Va una rondine, le ale sue planando

dei fiori in su’ i germogli. Dice: “Ho

abbandonato il deserto lontano,

il canto dei minareti ad Allah,

e ora ritorno al mio nido per darti

il risveglio d’un cerulo mattino.

Ti porto un vezzo di sabbia dall’Africa,

una conchiglia di Venere, il mare..

ho pregato per te dalle alte torri

che distillano balsami d’Arabia…

Io ti domando: lasciami nel mio

nido! Lasciami nel mio nido! Tua

devota amica, corsiere del cielo!”…

 

E la rondine torna nel suo nido,

i suoi piccoli alleva e disfama…

Quando viene il mattino nel ricordo

canta le calde canzoni degli ermi..

poi, un monello annoiato lancia un sasso

contro il suo tetto. Non ha più una casa,

non ha più i piccoli, e ha solo dolore.

Morendo dice: “Io andrò in Paradiso!

Sì, io andrò in Paradiso!... Orbene, vattene!

Io ti domando: lasciami nel mio

nido! Lasciami nel mio nido! Tua

devota amica, corsiere del Cielo!”.

 

Veder non voglio più rondini morte

in questa Primavera che sovviene,

debole effigie di primule finte!

Dipinto di Gaston Bussiere (1862-1928), Abbraccio nella Luce della Sera, Tardo-Romanticismo, Simbolismo, Accademismo francese, 1927.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Lunedì I Marzo AD MMXXI.

domenica 17 gennaio 2021

Ballata senza Rime - Ehi, c’è Qualcuno in questo Regno di Ombre

Ehi, c’è qualcuno in questo regno di ombre

e nebbie?.... Dimmi, oh Ignoto, il tuo aspetto!

Ma d’un folle sconforto il labbro sordo

dimentica le parole e il respiro.

 

Dilaniando foschie dai vagabondi

orizzonti, consuma il mio gennaio

i miei pensieri. Non v’è più la speme

a rinutrirli in mezzo alla tormenta,

e il Sole scivola e vola e va via,

e la campagna mi diventa nera…

e io divento soltanto un nome… un fango.

 

Ehi, c’è qualcuno in questo regno di ombre

e nebbie?.... No! C’è soltanto una trista

eco… è un silenzio che gridando muto

dimentica le parole e il respiro.

Quadro di Caspar David Friedrich (1774-1840), Monaco in Riva al Mara, Romanticismo tedesco, 1808-1809.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Domenica XVII Gennaio AD MMXXI.

 

domenica 20 ottobre 2019

Gran Ballata brillante senza Rime - E viene il Gusto delle Caldarroste

E viene il gusto delle caldarroste 
amare. Né di domenica ho un senso
di gioia, né l'Autunno vagabondo
mi parla dei suoi vïaggi gitani.

Ma dirò che era felice la zingara
bella, che la gioia s'è persa per via,
che opprimente al par della noia è la festa,
che la mestizia vien solo di sera.
Dirò che buone erano le castagne,
arrostite in un giorno burrascoso...
che nel cortil dell'Oratorio, stavo
ad aspettar la fine della domenica... e
che ora mi trovo dinnanzi alla mia ombra.

E viene il gusto delle caldarroste 
amare. Né di domenica ho un senso
di gioia, né l'Autunno vagabondo
mi parla dei suoi vïaggi gitani.

Eppure un giorno dire dovrò ai posteri
che una castagna è stata mia compagna,
quando il silenzio ottenebrò il meriggio,
e un solitario istante venne a urlare.
Anche nel mezzo di altre ombre la mia ombra
era sola; e sperava nelle dolci parole
d'un altro labbro umano. Fu una fiaba!
Ora soltanto il Tramonto mi fischia.

E viene il gusto delle caldarroste 
amare. Né di domenica ho un senso
di gioia, né l'Autunno vagabondo
mi parla dei suoi vïaggi gitani.

Così uscii di casa. Sentii il murmure
d'una foglia caduta. Almeno il suo
labbro m'ha detto una parola ignota,
un incomprensibile fruscio oscuro.
E il mondo mi divenne giallo, e rosso,
e ocra. Scoprii i colori dell'Autunno,
il bianco teschio della Luna morta,
il tristo sapor d'una bocca chiusa.

E viene il gusto delle caldarroste 
amare. Né di domenica ho un senso
di gioia, né l'Autunno vagabondo
mi parla dei suoi vïaggi gitani.

Lowell Birge Harrison, Una Giornata d'Autunno, Tardo-Romanticismo e Tonalismo statunitensi, Fine del Secolo XIX. Inizio del Secolo XX.

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XX del Mese di Ottobre AD MMXIX.

mercoledì 25 settembre 2019

E viene la Mestizia del cadente

E viene la mestizia del cadente
meriggio, quando prima della sera
io so che si languisce il Sole.... Oh! Mi era
dolce l'Estate! Ma ora sono spente

le lunghe giornate, e dell'Agosto
le cerule onde degli stagni. Oh come
viene presto il Tramonto! e dove io accosto
il guardo alle campagne e alle corone
degli ultimi selvaggi iris, dolor
mi cape che più non fugge. Così
saluto il giorno, e la Notte, e più in qui,
la nuova Luna che il mio cuor non sente. 

E torna la mestizia del cadente
meriggio; e il buio mi assale della sera.
E so che quelle luci di quel che era,
cioè d'Estate, per sempre mi son spente.

August Cappelen, Le Cascate impetuose, Romanticismo francese, Prima Metà del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Mercoledì XXV del Mese di Settembre AD MMXIX.

martedì 24 settembre 2019

E fu l'Autunno uno Sguardo di bianca

E fu l'Autunno uno sguardo di bianca
nebbia, donde lo sguardo l'infinita
bruma insegue. Ma questa invigorita
noia e questo albeggiar di trista e stanca

mestizia a me di Settembre il crüento
sopor riportano; e i canti lontani
della vendemmia, e il lieve torneamento
delle foglie, e i latrati dei vecchi cani
mi prendon al par di quelli. Ma ora ali
di passeri che restan nel lor bosco -
né fuggon quei tuttora! - qui men fosco
mi fanno l'orizzonte. Pur mi manca

la spenta Estate, con la Luna bianca,
e il vivo Sole... con la gioia smarrita
dei suoi fiori. Ora s'è poi invigorita
la sua noia.... Ed ella mi offende e mi stanca.

John Atkinson Grimshaw, Paesaggio autunnale di Novembre, Tardo-Romanticismo inglese, Fine del XIX Secolo

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Martedì XXIV del Mese di Settembre AD MMXIX.

giovedì 27 settembre 2018

Ballata - Autunno, mi darai forse un Dì questo poco di Ebe

Autunno, mi darai forse un dì questo poco di Ebe

a dissetàr la noia?....
No! non sarà mai vino, o mosto, o Sogno
colui che riempie il nappo che trabocca.
No! non sarà l'ardore, il cuòr, la Gioia,
d'un bacio il sibilàr che lento schiocca...
non sarà mai, perché è soltanto un Sogno.
No! non sarà che un gaudio mi versa Ebe,
poi ché la Notte inghiotte nel suo mare
l'affogato momento, ora di vìvere,
e di sognare.

Autunno, mi darai forse un dì questo poco di Ebe

a dissetàr la noia?....
Ebe! Ebe! Corre saltellando ovunque
ma non si degna di riempìrmi il càlice.
Ebe! Ebe! Corre danzando e plaudendo.
Dove va? Dove va? A dimenticarmi,
forse, ahi! maledizione dell'Autunno!
E vièn la Notte: inghiotte nel suo mare
l'affogato moment, ora di vìvere,
e di sognare.

Autunno, mi darai forse un dì questo poco di Ebe
a dissetàr la noia?....
Mi darai un sorso di allegrezza e Gioia?
Ma non è l'ora, la Notte, di vìvere,
e di sognare.

Come un nàufrago brama un quieto approdo,
la trambasciata prua lasciando all'onde,
così d'avveràr i Sogni io mi rodo,
e del Destìn disfido ire profonde.
Ma intorno ho sol dell'ombre vagabonde,
e nel vagàr sfaticato e sfinito,
così mi tarda l'osservàr d'un lito;
e vièn sì forte la possa del mare.

Autunno, mi darai forse un dì questo poco di Ebe
a dissetàr la noia?....
Còlmami, Dea, oh Coppiera, di tua Gioia!
Ma non è l'ora, la Notte, di vìvere
e di sognare.

Francis Sydney Muschamp, The Music Lesson, Tardo-Romanticismo inglese, 1896



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Giovedì XXVII del Mese di Settembre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

domenica 20 maggio 2018

Una Fiaba poetica - La Foglia, ovvero Come nacque la Ninfea

È una fràgile foglia appesa a un ramo,
è viva a stenti... a malapena, è viva
in un giorno di vento.... E ha päura;
è viva, ma ora trema.
"Salvàtemi da questa Furia" grida
la poverina, mentre il Temporale
è giunto. È viva!
"Salvàtemi vi prego!" implora e prega
al folgoràr de' i primi tuoni. Piange....
Perché…
perché l'ha generata marzo sì
fràgile?.... Pensa… e chiede.
L'eco de' i Sogni e del pensièr si tace,
mèdita. È viva.
È viva... ma le compagne da' i pioppi
la schernìscono, oh povera! e nemmèn
il picchio vuòl fàr suo nido su' sua ombra,
né la pioggia cadèr dal palmo suo,
né il Sol baciàrla,
ahi miseràbile!....
È viva... ma sospesa d'in su' il vento:
un soffio appena, appèn più forte e cade.
E tutto sa.

È viva; e il vento da lontano soffia…
soffia, pianìn… pianino, e poi più forte,
e poi più orrendo, e poi più cupo e crudele,
e chiama ad avventàrsi d’in su’ i nùgoli
le fòlgori più ululanti co’ i tuoni,
come Valchirie chiamate da Donner….
Oh vìl vento fatàl!
È viva; ma fia presto che tal Furia
dall’arboscèl la stacchi, e la trascini
nelle sue fauci che gìrano il mondo…
vìscere brute d’un viandante orrìbile
che è mai pago d’orròr.
È viva; ma si perde in suo spavento,
odia l’empia Tempesta, odia la possa
degli Elementi invasati da’ i diàvoli
dei lampi, odia la Vita… odia la Morte…
odia ma più che sprezzo
ha alto terròr.

Ma è così che purtroppo il vento oscuro
dal ramo la lontana.

Ella ha socchiusi gli occhi, e il Fato attende,
è viva. Attende Morte.
Ma questa Morte non arriva… tarda…
si perde… non arriva né urla più.

Come una giostra adora questo vento…
ella… la foglia, svolazza… svolazza,
e danza con quest’àër che la porta
stretta a sé… verso l’Incògnito, verso
una campagna nuova, e sur d’un stagno.
Qui, si posa, sull’onde… sulle sue acque,
e galleggia… galleggia… e ride… e bèa.
È viva ancòr!

E qui, mentre si placa il Temporale,
la raggiùngono pètali di fiori…
pètali vivi:
il più roseo Tramonto di camelie;
il sangue delle rose; e delle viole
il delicato velluto; e l’occhietto
dell’ìris… e li cùllano… li cùllano
le tife estive
che càntano la ninna-nanna
lievemente agitando l’onde amiche….
È viva; e circondata da altri stami,
e pàrlano tra lòr.

È viva; e dice: “Vengo da lontano”.
“Anch’io” - ne osserva un pètalo di rosa,
“Anche noi” dìcono in coro altri fiori.
Ma tutti insieme chièdon “Che si fa?”….
È viva; e dice: “Io sono una foglia
che sull’acque galleggia; in me riparo
avrete voi. Deboluccia io son; pur vero
sì lievi siete.
Deh, venite! Sarò per voi una cimba…
una barca vitàl!”
“Noi” le rispòndono i fiori “possiamo
fàr quello che tu vuoi; anzi, un nuovo fiore
noi farèmo con te!”.
“Noi siàm gli stami” dìcon le camelie,
“e noi altri pètali” ùrlano le rose,
“e noi i pistilli” singhiòzzan le viole….
“E io sarò il gambo… le foglie io sarò!”….
E tutti dànzano or intorno… intorno
e un nuovo fiòr sarà.

Ma un tonfo all’onde d’un tratto si sente…
non è Tempesta che finita è già.
Chi mai verrà?....
È una Ninfa pel bagno serotino,
e questa foglia e questi fiori scorge.
Va loro incontro.
Lieta li osserva… e poscia chiede loro:
“Che cosa state facendo, oh bei pètali?”.
“Un nuovo fiòr” le risponde la foglia:
“Da lontano veniàm, noi siamo i dèboli
che la Tempesta ha tolti dalle selve…
vìvere insièm bramiamo…
bramiamo èssere un fiòr!”.
“Ma come lo pensate, oh fiorellini,
che non avete nemmèn una ràdica?....
Presto morirete. E poi?”
dice la giòvin dello stagno aprìco
che, sbigottiti mirando i compari,
tosto li prende in mano, e li raccoglie
appena… appena; e tenèndoli sopra
i palmi suoi, e lievemente sospesi
dall’onde, canta un inno sacro al Cielo.
Allòr li bacia!
E come per un incanto, ecco! oh gioia!
essi si sòn cangiati in un fiòr.
“Per me ti chiamerai, mio fiòr, ninfèa…
foglia e pètali, e dello stagno Dea!”.

È così che una foglia così fràgile
e de’ i pètali a Morte condannati
un incanto divèntano per l’onde
d’uno stagno… e sull’ombre di tàl fiòr
il vento soffia invano,
e si riposa la rana, il serpente, e il girino,
e finalmente è sconfitto il Destino!

 
Claude Monet, Ninfee, Impressionismo francese, Fine del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XX del Mese di Maggio dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.



martedì 6 settembre 2016

Romanticismo in Elegia di una Ballata lirica a un Ricordo di Montagna

Mi ricordo dei monti; e un mese fu
dacché io non rivedo le erte, e il Tòce
e il Melèzzo privato della voce,
e le croci delle pievi
bianche, splèndide come le alte nevi,
e la valle della Svìzzera d’intorno
da cui io vedèa rinàscere il mio giorno,
e la chiesetta bella di montagna,
l’alba che bagna
i campi dei trifogli e degli ovìli,
e i falbi pètali ingrigiti e ansiosi
lungo i fienili
delle pècore, e il pianto dei vitelli
dove forse sorgèvano castelli,
là… un dì, quando Brunnìlde raccoglieva
la mietitura degli Eroi più forti,
i cavalieri morti…
e il Sogno trapassò, e divenne il regno
di questa ricordanza.
Mi ricordo dei monti; e un mese fu
dacché più ivi io non scorgo andàr al pozzo
coperte con gli stracci come un mozzo
le ombre possenti delle femminine
cime, dal confine,
l’eco delle scarpette delle valli,
la montagnìna bella dei miei Sogni
che rimembro nei sonni,
il baldo corno che ìncita alla caccia,
l’orgoglio d’un tristo arco
che la vìttima attende presso il varco,
con un dardo la manda in su’, nel cièl,
sguardo di Tell…
la quiete delle frasche e delle fonti,
la bellezza dei plàcidi orizzonti.
E il Sogno trapassò, e divenne il regno
di questa ricordanza.
Mi ricordo dei monti; e un mese fu
dacché più non ascolto il rumòr dei
bïàcchi e degli augèi,
e l’Ave che risuona, fatta sera,
per la pietrosa schiera,
la campana che chiama alla raccolta
la piccolina scolta
del pàësello solitario e muto,
quasi perduto,
alla tìmida Messa del Signore,
e del Sole i singulti di tepore,
e le fole di nomi innominàbili
che dèstano il sorriso
segretamente ai labbri di ogni viso:
la vecchia fiaba di uno spettro nero,
l’infelice Gualtièro….
Ed io?.... Di’!…. ed io?
Stavo vicino, cullato da Dio!
E il Sogno trapassò e divenne il regno
di questa ricordanza. E
la fanciulla dei monti va alla danza:
tra i pastori è contesa pe’ i sponsali,
la scorgo da una tènera finestra,
hanno in màn la balestra…
chi colpisce dovrà sposàrla e sempre
vìverle accanto,
e penso or mentre:
oh mia perduta e ardita gioventù,
smorta e fuggita su’ un cenno di canto!
E il ricordo mi è tomba dei sospiri,
scrigno geloso di ìncubi e deliri.
E nel vacuo confusamente io prego
di questa orma di ciò che fu, e ove annègo.
Mi ricordo dei monti; e un mese fu…
e il Sogno trapassò e divenne il regno
di questa ricordanza.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Homer Dodge Martin, Fiume e Montagne, Tardo-Romanticismo statunitense, Seconda Metà del Secolo XIX



Nei Dì di Lunedì V e Martedì VI del Mese di Settembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

sabato 23 luglio 2016

In Ode di una Tempesta del Deserto di una Sera di Festa

E solamente avrò io l’ermo, o sera,
io! romìto nel più lontàn fior dei Sogni,
quasi privo di Vita e di gioia,
dove il pianto sol caro mi è.

E solamente sarò io un’ombra terrea
della mèn scialba Luna, quando il dì
tramonterà funèreo nella Notte,
come un teschio nel suo sepolcro,
nella sua Morte.

E mentre - fuori - là, sàbato attende
le danze e le fanciulle, e i fiòr, gli sguardi
sotto la barcaròla di codesta
argentea Luna, e mentre
le vie ùrlano e rumorèggiano a festa,
tra i ventàgli dischiusi, e i brìndis lieti,
e liete màschere,
io condannato a non- vìvere, a non-
senso, io! qui orbando in gola una preghiera,
giacio allo scrittoio dei mie tormenti
e delle angosce dell’Ànima proba,
forse invidioso dei sorrisi altrui,
di quanti vèdon gaudi nell’andàr
dell’Esistenza… o forse vacuo e insano;
e qui, pensando, grido…
‘ve so che presto mi attende un abbraccio
di un vòrtice di pietra, ombra di un bacio
di tempestosa vetta di montagna.
Non è altro che il mio cuor! 
E niente cambierà, quando io farò
da lì ritorno.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Philip Richard Morris, Il Mietitore e i Fiori, Romanticismo vittoriano inglese, Seconda Metà del Secolo XIX



In Dì di Sabato XXIII Luglio dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI